Una rivista come la nostra, che ha superato i 50 anni di vita,  potrebbe essere esposta alla tentazione di coltivare il proprio patrimonio passato, la propria tradizione culturale e politica, amministrando un’eredità certa, e tutto sommato, prestigiosa. Noi, invece, vogliamo essere il nostro presente e, perché no, il futuro.
 
 

Qui vi è la specificità dello strumento della rivista, che non ha da difendere degli investimenti meramente elettorali o di schieramento, né programmi legati a logiche identitarie e a risultati visibili e immediati. Vi è poi un’altra circostanza che favorisce la nostra iniziativa di apertura al dialogo e al confronto con aree culturali e con personalità che vengono da esperienze diverse dal cattolicesimo di base  cui ci siamo sinora, prevalentemente,  rivolti e che costituivano e costituiscono il nostro pubblico abituale. La desertificazione delle esperienze politiche, delle associazioni, delle riviste indipendenti qui al Sud è ancora più drammatica, tanto che siamo tra le poche riviste rimaste al Sud a testimoniare l’esistenza di un’area critica attenta alla questione dei diritti civili, politici e religiosi.

 A questo punto dobbiamo interrogarci su quali temi intervenire, con quali strumenti e modalità.

Il rischio è di divenire una rivista del generico scontento con una superficiale critica dell’esistente e avendo come stella guida solo l’attualità, sia essa politica, sociale o religiosa, e non i movimenti profondi della società italiana e della Chiesa.
Una prima risposta a questo pericolo ci può venire proprio dal nostro passato. Una delle battaglie, cui abbiamo in anni lontani contribuito, è il tema della fine dell’unità politica dei cattolici e di ogni forma di collateralismo. Mutati i tempi, cambiati i protagonisti, possiamo oggi recuperare alcuni dei metodi e delle acquisizioni di quella fase per poter affrontare nell’oggi la fine della rappresentanza politica di chi dissente e propone riforme radicali a favore degli ultimi della società, ma contribuire anche al superamento della frammentazione tra movimenti, aggregazioni e gruppi impegnati a dare voce a chi è emarginato e dimenticato.
Ci potremmo proporre quindi di ampliare il nostro intervento su tre aspetti:
1) Il rapporto chiesa istituzione/chiesa popolo di  Dio, alla luce anche del pontificato di Francesco, e insieme il valore della libertà religiosa quale fondamento del  dialogo con tutti i cristiani, con i laici e i non credenti e con le altre forme di religiosità, nella convinzione di scoprire e mettere in evidenza che quel che ci unisce prevale su quello che ci divide.
2) La costituzione italiana come carta dei diritti, soffermandoci soprattutto su alcuni principi fondamentali: diritto allo studio (il mondo della scuola e dell’università), diritti civili (i delicati temi dell’etica in una società pluralista e multietnica), rapporto tra codificazione legislativa e applicazione giurisdizionale (il ruolo della magistratura, le riforme in corso);
3) Il problema del Mezzogiorno e la sua articolazione concreta negli enti locali territoriali, nonché la collocazione del problema del Mezzogiorno in un contesto nazionale, mediterraneo ed europeo.
Per affrontare in maniera adeguata questi punti, invitiamo a discutere con noi un gruppo di amici e simpatizzanti che in qualche modo hanno collaborato negli anni con la rivista o, comunque, sono rappresentativi di movimenti, gruppi, idee  che rientrano nell’orizzonte de il tetto.
È nostra intenzione, inoltre, affiancare all’attività della redazione  quella dell’Associazione amici de il tetto, già prevista nel nostro  statuto sin dall’origine, facendo divenire la rivista una sorta di collettore di esperienze, raccogliendo documenti e dossier conoscitivi e promuovendo nuovi filoni di  ricerca, come, d’altra parte, già è avvenuto in alcuni momenti della nostra storia.

 

       Il Comitato direttivo

 

 

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