La rivista  il tetto  è nata a Napoli nel  1963 ( il primo numero è uscito  nel gennaio del 1964)  per iniziativa di un gruppo di giovani, universitari e laureati,  credenti e non credenti, cattolici e non, ma uniti tutti dall’intento di dar vita  ad una strumento di confronto e di dialogo .

 

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Tre sono stati e sono i filoni di ricerca e di osservazione della rivista:

  1. la Chiesa e la sua presenza nel mondo considerando come fondante l’attuazione dell’insegnamento di Giovanni XXIII e  dei principi conciliari del Vaticano II;
  2.  i rapporti tra etica e politica;
  3.  la questione meridionale con particolare attenzione ai problemi della Campania e di Napoli. Durante questi anni l’Associazione Amici de il tetto, attraverso soprattutto  la rivista, ha dato contributi significativi in occasioni  importanti della storia civile e religiosa  italiana, per esempio per la fine dell’unità politica dei cattolici, per  il superamento del Concordato, per la difesa delle libertà e dei diritti fondamentali, per le riforme (referendum, statuto dei lavoratori, diritto di famiglia), per la lotta al terrorismo  ed alle politiche di malaffare nazionali e locali e, nei tempi più recenti, soprattutto per la difesa della Costituzione e per l’attuazione dei principi del Concilio Vaticano II.
  4.  I soci e redattori che, cambiando negli anni, si sono ritrovati intorno a Pasquale Colella, uno dei fondatori ed attuale direttore editoriale e presidente dell’Associazione, hanno cercato sempre di esercitare nella Chiesa e nella società una presenza viva e critica, alla ricerca di forme di vita civile e religiosa più giuste ed autentiche, nel rispetto di ogni diversità e rifiutando arroccamenti fondamentalistici.

 

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TESTIMONIANZE

 Con le testimonianze di Pasquale Colella e Andrea Proto Pisani, due dei fondatori della rivista, riproponiamo il sommario, il primo editoriale della redazione  e gli ultimi due paragrafi di un articolo del compianto  Federico Tortorelli, anche Lui tra i promotori de il tetto, apparsi sul numero 1 della rivista(febbraio 1964), perché aiutano a capire il contesto  in cui è nata la rivista  e  la tensione religiosa, sociale e politica che animava quei giovani promotori  provenienti in gran parte da storiche associazioni laiche dei cattolici.

 

LA TESTIMONIANZA DI PASQUALE COLELLA

 DIRETTORE DE “il tetto

La rivista “il tetto” nacque a Napoli alla fine del 1963 dopo il  lungo travaglio  che concludeva l’esperienza di “Quarta generazione”, rivista fondata nel 1960 per iniziativa di alcuni giovani socialisti e cattolici.

il tetto è stato fondato  da un gruppo di giovani provenienti soprattutto  dalla Federazione Universitaria dei Cattolici Italiani, dalla Gioventù dell’Azione Cattolica,  dalle Congregazioni Mariane dei padri gesuiti e da movimenti giovanili di sinistra.

Questi giovani, alcuni già laureati ed altri ancora studenti universitari, nel decennio 1950-1962 erano stati tutti dirigenti locali delle  associazioni ricordate, ma già allora non condividevano la netta contrapposizione a movimenti e partiti di sinistra praticata da molti ambienti cattolici e fomentata dai “Comitati civici”  del  prof. Gedda, sostenuti dalla gerarchia ecclesiastica.  Soprattutto credevano che ci si dovesse impegnare per una Chiesa semper reformanda e per la costruzione di una società civile, anche a Napoli e in Campania, attuando finalmente, “sine glossa”,  i principi della Costituzione del 1948.

I promotori della rivista erano quasi tutti avviati a  studi e ricerche  umanistiche, giovani disponibili al dialogo e, soprattutto, determinati a collaborare con chi combatteva per la realizzazione di una società  a misura d’uomo, inclusiva  ed attenta ai bisogni degli ultimi.

Tali scelte provocarono spesso reazioni repressive  da parte sia della D.C. campana, ancorata prevalentemente su posizioni reazionarie, sia della gerarchia cattolica locale, arroccata anch’essa su posizioni conservatrici. Questi interventi repressivi portarono spesso ad emarginazioni e sanzioni che contrastavano con i principi della democrazia costituzionale, soprattutto in merito alle  libertà civili e religiose, impedendo di fatto ogni possibilità di confronto e dialogo.

In questo clima nacque l’idea di dar vita anche a Napoli ad un periodico  culturale che, prendendo spunto dalle aperture profetiche del pontificato di Giovanni XXIII e dal dibattito sviluppatosi per la convocazione del Concilio ecumenico  Vaticano II, desse voce a quanti avevano il sogno di trasformare la Chiesa-istituzione in una Chiesa-comunità   e lo Stato dei più forti nella casa di tutti, ripudiando  guerre e violenze  e impegnandosi per la difesa della dignità e dei diritti di ogni cittadino.

Non a caso nel primo editoriale si  scrisse che compito primario  della rivista avrebbe dovuto  essere quello di  far conoscere e vivere il Concilio e, dall’altra parte, contribuisse a dar vita ad un’Italia democratica e pluralista, come andavano insegnando uomini come Calamandrei, Dossetti, La Pira, Lazzati, il gruppo Gramsci e socialisti come De Martino, Lussu, Saraceno.

Noi fondatori e redattori condividemmo queste idee e tensioni con altri gruppi cattolici spontanei sorti in Italia, a Torino, Milano, Bologna, Firenze; avemmo contatti e collaborammo con quanti come noi desideravano “una Chiesa povera e dei poveri” ed una Repubblica fondata sullo sviluppo delle libertà,  sulla tutela dei diritti e sull’abolizione di ogni privilegio.

Ci furono vicini a Napoli, tra gli altri,  Mario Borelli, fondatore della “Casa dello scugnizzo”  ed alcuni padri gesuiti (P. Paolo Tufari fu addirittura tra i fondatori), a livello nazionale alcuni dirigenti di Azione cattolica,  quali Carlo Carretto, Mario Rossi, Raniero La Valle,  don Arturo Paoli e don Antonio Riboldi il  prete rosminiano del Belice. poi vescovo di Acerra, e tanti amici, credenti e non credenti, che ci aiutarono ad uscire dall’isolamento dove  ci volevano invece confinare cattolici e laici ostili sia al Concilio sia al progresso della società civile.

Particolare importanza nella vita della rivista, anche  per la crescita umana e culturale della redazione, hanno avuto gli incontri  che si svolsero nel primo decennio di attività, 1963-73. Infatti in quegli anni su nostro invito vennero a Napoli  e parteciparono alle nostre iniziative, anche più volte, il Cardinale Lercaro, il Cardinale Bea, il Cardinale Michele Pellegrino, il Vescovo Bettazzi oltre a qualche vescovo  della Campania; e vennero anche  studiosi e testimoni di quella stagione di rinnovamento quali Padre Enrico di Rovasenda, Padre Davide Maria Turoldo, Ernesto Balducci, Padre Diez Alegria , Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti, Lucio Lombardo Radice, Padre Dominique Chenu, Adriana Zarri,  Mario Gozzini, Danilo Zoli, Carlo Carretto.

In particolare fummo i primi in Italia a presentare Esperienze pastorali e la Lettera ai cappellani di don Milani, nonché il volume , a cura di Mario Gozzini, Il dialogo alla prova in due tappe con gli interventi di Lucio Lombardo Radice, Giorgio Napolitano e dello stesso Mario Gozzini.

Mi piace ricordare anche i vari contributi dati alla rivista da importanti personaggi quali Arturo Carlo Jemolo ai tempi del dibattito sul tema del  superamento del Concordato del 1929; gli interventi sul Concilio Vaticano II di Padre Chenu, quelli di Padre Balducci, di Piero Bellini; le testimonianze di Loris Capovilla, segretario di Roncalli e poi cardinale, di Giovanni Franzoni, nonchè i tanti contributi di studiosi e militanti   sulla riforma del diritto di famiglia, sul divorzio e sul referendum del 1974.

 Il nostro “piccolo guscio di noce” nacque, visse e  ancora resta “una voce” che non molla e che è tuttora presente, perché continuiamo a vivere non come “reduci nostalgici”, ma come persone che, anche nelle difficoltà  del mondo contemporaneo, credono  di dover continuare a sperare e mai di doversi rassegnare, incoraggiati oggi anche dal pensiero, dalla testimonianza e dalla pastorale di Papa Francesco.

 

Per questo “noi siamo il nostro presente.

 

LA TESTIMONIANZA  DI ANDREA PROTO PISANI

Rileggendo "Come loro" di Voillaume quasi settanta anni dopo

1- In casa fu la mia sorella maggiore ad introdurre un libro dalla copertina verdognola nei primi anni cinquanta del secolo scorso. Io, ricordo, lo aprii per curiosità un paio di volte ma non riuscivo a cogliere la sua sistemazione. Fu solo nel 1964 (durante le "esperienze tra i baraccati", riportate nel numero 16 de il tetto) che mi imbattei con le Piccole sorelle di Charles De Foucauld.

            Fra le tante baracche del Ponte alla Maddalena, situate agli estremi della periferia orientale di Napoli, ve ne era una, più o meno della stessa dimensione delle altre, dove abitavano due o tre giovani donne, che si distinguevano dalle altre donne delle baracche, soprattutto perché vestite allo stesso modo con un semplice vestito grigio chiaro e per il piccolo fazzoletto sulla testa. Per il resto nessuna altra differenza con le altre donne che (con le loro famiglie) "occupavano" le baracche (alcune per la speranza di ottenere in tal modo più rapidamente la assegnazione di una "casa popolare" dal Comune); lavoravano, credo a servizio presso qualche famiglia benestante non troppo lontana dal quartiere "ferrovia", uscivano presto la mattina e rientravano nel pomeriggio inoltrato; intrattenevano rapporti semplici con gli altri abitanti delle baracche e direi di amicizia con i molti numerosi bambini mal vestiti; la domenica le ritrovavamo alla messa che nell'inverno si teneva in una baracca vicino a quella dove dormiva Padre Borrelli (il sacerdote che aveva fondato la "casa dello scugnizzo" e che, pur non essendo un prete operaio, svolgeva a Napoli esperienze similari di condivisione dell'esperienza e della vita della "povera gente").

            Fu così che, con estrema semplicità, io e tre o quattro amici entrammo in contatto con le "piccole sorelle", che ci fecero entrare nella piccola (ma pulita e ordinata) baracca, al centro della quale si trovava una minuscola cappella, dove fummo autorizzati ad entrare anche in loro assenza (perché la parte di ingresso nella baracca non era chiusa a chiave) e, se volevamo, trattenerci in preghiera. Due o tre di noi cominciarono ad accettare la disponibilità offertaci e, quando si aveva qualche ora di tempo libero, ci recavamo nella cappella, rimanendo inginocchiati a meditare per trenta o quaranta minuti e, ciascuno per proprio conto, a leggere qualche passo di "Come loro" per trarne spunti di meditazione.

2 - In tal modo, nei sette o otto mesi che durò la nostra esperienza tra i baraccati di Ponte alla Maddalena (a fine dicembre furono assegnate le case popolari e le baracche distrutte). io, leggendo "Come loro", cominciai a conoscere e a riflettere sulla proposta di vita delle piccole sorelle e piccoli fratelli di C. De Foucauld, così come esposta da René Voillaume.

            La proposta era molto semplice: condividere con persone dei ceti più deboli della popolazione la loro vita povera (non misera), svolgendo lo stesso o analogo lavoro, abitando nel loro stesso quartiere, mantenendosi con il ricavato del lavoro (e non con denaro proveniente da organizzazioni centrali o elemosine), senza svolgere alcuna attività di apostolato o di proselitismo ma solo condividere la loro vita: il tutto fondato sulla imitazione svolta da Gesù a Nazaret fino a trent'anni in una bottega di piccolo artigiano.

            Sul piano teologico le radici erano semplici e profonde: se Gesù era Dio e come tale del tutto libero di incarnarsi o no, e una volta incarnatosi di poter scegliere con libertà assoluta cosa fare, se per trenta dei trentatré anni della sua vita si era limitato a condividere la vita degli abitanti di un piccolo paese lavorando in una bottega di artigiano, questo significa che la vita di mera condivisione (e non solo la predicazione, lo scontro con i sacerdoti e infine la Passione)aveva un senso: era una prospettiva di imitazione proposta ai suoi seguaci.

3 - Vorrei concludere questa rapida presentazione, rispondendo a una domanda che il lettore può porsi. Cosa è rimasto in noi tre o quattro amici dell'esperienza fra i baraccati e le piccole sorelle? Abbiamo proseguito le nostre attività prevalentemente di studi postunuversitari e poi ci siamo sposati. Forse però qualcosa è rimasto: forse per l'interesse per i deboli in genere, forse per avere scelto attività di lavoro che non fossero finalizzate o strumentalizzate all'accumulo del denaro, forse per la ricerca della moralità nella organizzazione del nostro lavoro e forse anche per altro. Certamente, nel continuare a svolgere le nostre normali attività, ci è rimasto e si è ripresentato talvolta un senso di colpa per non avere coltivato l'esempio di una vita radicalmente diversa (ma non per questo il senso di colpa è quasi totalmente scomparso a seguito della tenerezza del sorriso di una graziosa ragazza poi divenuta nostra moglie, o di un nostro figlio, o, come accade mentre scrivo, del sorriso di una ultima nipotina).

 

DOCUMENTI

Per le ragioni esposte nella premessa  alle due testimonianze pubblichiamo, con il sommario del numero 1 e il primo comitato di redazione,  l’editoriale.

primo sommarioeditoriale 1964 1

primo sommarioeditoriale 1964 2

 

primo sommarioeditoriale 1964 3

 

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Per gli editoriali del primo anno della rivista vedere in IL TETTO COMPIE 50 ANNI.

 

L’URGENZA DEL DIALOGO

Vi proponiamo alla fine la conclusione dell’articolo di Federico Tortorelli apparso sul primo numero della rivista, “Il governo Moro e la politica di centro sinistra”. L’articolo(pp.70-78) commenta la nascita del primo governo italiano, dopo quelli dell’immediato dopoguerra, in cui sono presenti i socialisti: un evento storico,  perché  favorisce, secondo l’autore, la partecipazione di più vaste masse democratiche  al processo di sviluppo avviato  con l’età repubblicana. Tortorelli racconta l’atmosfera che si si respirava, non proprio entusiasta,  analizza il programma presentato in Parlamento da Aldo Moro, gli aspetti anticongiunturali e strutturali,  fa l’esame di alcuni punti programmatici particolari, ma, soprattutto, per quanto riguarda la nascita della nostra rivista, nell’ ultimo paragrafo(pp. 76-78)  ragiona sui motivi per cui è necessario  coinvolgere nella direzione dello stato tutte le forze che rappresentano il mondo del lavoro e, pertanto, è urgente che tra cattolici e marxisti si dialoghi.

 

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